lunedì, luglio 31, 2006

But guess what? You're pain's been done
To perfection by everyone
And the first thing that every killer reads is
Catcher in the Rye

Dicevo di essere un'eroina tragica in tempo tragico, ma perché non un'eroina tragica in tempo comico, o un'eroina comica tra il primo e il secondo tempo?
L'altro giorno M. mi ha detto, e voleva essere un complimento: "Ma in te non si cerca la perfezione. Non è quello che ci si aspetta, né il motivo per cui si sta bene con te".
Un altro giorno, protestando che anch'io i prossimi inverni vorrei vestirmi da donna (cioè, a modo mio: voglio mettermi il gessato, la cravatta e lo stiletto), mi sono sentita dire che non è così che sono io: io porto i pantaloni neri, le sneackers e le magliette a righe. Essere "donna", non è ciò che ci si aspetta da me.
Che cosa ci si aspetta da me, che cosa? Un tempo lo sospettavo, e ne ero rattristata e fiera, ora vorrei non averne coscienza, vorrei non intuirlo neppure.

Non è vero. Vorrei leggere nel pensiero, e riuscire a disattenderlo, sempre.

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sabato, luglio 22, 2006

Dopo lo scambio di mail pomeridiano con zu, stavo pensando che forse sarebbe una buona idea se aggiungessi alla colonnina che tiene nota di ciò che leggo (era stato messo lì all'epoca della lettura, ma ritrae così fedelmente la mia natura che non ho avuto il coraggio di sostituire) e ciò che ascolto, anche il nuovo in ciò che bevo: almeno sarebbe chiaro di quante parti è a volte composto il mio pensiero.

(sono sobria quasi sempre, è quello il guaio. ma potrebbe essere utile a chi passa di qui, senza dire: sbronzo chi legge)

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venerdì, luglio 21, 2006

L'altro giorno ascoltavo il maître à ticket dichiarare che quando gli è possibile non va ai concerti, perché ne ha visti troppi per lavoro.
L'affermazione mi ha allarmato. Smetterò di leggere libri per piacere? Mi priverò a lungo andare della mia terapia di malessere controllato? Negli anni, non di rado, sono stati solo i libri a tenermi in equilibrio - per quanto, a volte, la sensazione fosse quella di stare in equilibrio su una tavola di legno con vista sull'oceano e avere dietro un tizio dall'occhio bendato che mi punzonava la schiena.
In questo periodo sto lavorando alla revisione di testi tecnologici (impaginati in modo curioso, ma pur sempre tecnologici) e, cosa che non pensavo, ci si può quasi lasciar coinvolgere. Ad esempio il Collega, dopo avermi regalato una mappa dell'Irlanda disegnata da lui medesimo con tanto di folksonomy, ha arricchito in fase di revisione un capitolo con una scelta di videate a proposito del PaeseCheIoNonVisiterò (ca***). Io, dovendo in alcune occasioni trovare ricerche più chiarificatrici, ho sostituito a Mtv i Decemberists, e via così.
Un giornalista l'altro giorno a pranzo ha detto che il romanzo è una forma narrativa che probabilmente non ha più ragione d'esistere, perché ora è la vita reale a narrarsi, ma poco dopo ha raccontato di essere andato a sentire McInerney leggere brani di The Good Life alla Milanesiana e io gli ho puntato l'indice al petto. Non mi indigna, mi dà l'affanno piuttosto, sentir dire che il romanzo non parli di vita reale, come sarebbe sentir dire che in ogni caso è di quella che parla. Per quanto ami tutti i paraphernalia del lettore, da qualche tempo ho persino lasciato perdere i segnalibri, di qualsiasi foggia. Passo dal libro alla strada agli altri alle cose al libro al mangiare agli altri al dormire (poco): così, tutto di seguito e tutto allo stesso tempo. Ci ho provato, ma non riesco a creare compartimenti stagni, e allora mal vengano i segni di interruzione. Così se va in vacca qualcosa, va in vacca tutto (perché "in vacca", poi? "in", in che senso, voglio dire?).
Ora che abito ai margini del campo editoriale (a piedi nudi sull'erba), mi capita di leggere ciò che pubblicano o pubblicheranno amici e vicini di scrivania. Vedi adesso, vado in giro con in borsa una bozza patafisica e scaramantica di un caro carissimo amico e la biografia di Nico scritta dal maître a tickets. E incrociarci dopo che/mentre leggo i loro libri mi dà un immenso piacere.

Il capo mi ha portato un articolo del Manifesto sul mio amico, ovvero Dave Eggers. Dice tante cose, alcune le sapevo già, altre no. Tanto, è il solito particolare infinitesimale a catturare la mia attenzione. Laggiù, c'è una libreria che si chiama A Clean Well-Lighted Place For Books. Voglio andare a San Francisco.

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lunedì, luglio 17, 2006

In redazione arrivano sempre nuove suggestioni. Oggi per esempio ci propongono un

SEMINARIO DI PIROBAZIA. Camminare e danzare sul fuoco sano e salvo, è un'esperienza diretta, la tua, oltre la paura, superando un tuo limite, per ottenere quello che ardentemente DESIDERI.

Sfortunatamente il mittente non era Stefano Jacopo Belbo né Diotallevi. Altrimenti mi sarei iscritta.

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domenica, luglio 16, 2006

Ieri una persona mi ha detto: "Io il caldo non lo sopporto, sicuro, non lo sopporto. E guarda che è dimostrato, sotto il sole vengono compiuti i delitti più esterrefatti ('ma che? davero? sei morto morto?')".
Dovrei darle l'indirizzo del mio blog.

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mercoledì, luglio 12, 2006

Non dormendo e avvertendo la fitta allo stomaco di quando si spengono le luci ma persiste un timido chiarore perché fa caldo e tutto è aperto, pensavo e non mi ricordavo se Leopardi avesse più a noia l'arrivo del giorno o il calar della notte. Qualche secondo di amnesia, la maturità è lontana un decennio. Ma forse non è neanche quello, oggi il direttore marketing mi mostrava delle foto e io deducevo, questa è l'alba: ma no, era il tramonto.
Nel palazzo di fronte, il solito tizio mette su la solita musica, me lo immagino seduto a lato del tavolo con il giradischi, o con un mangiacassette (non riesco a pensare per lui a uno strumento con un nome meno antico), ogni tanto si alza per affacciarsi al balcone, scosta con gesti poco misurati la tenda di tessuto pesante e si abbatte sulla ringhiera. Dato che sono sveglia la strada mi distrae. Passano macchine, inchiodano, sgommano alla curva del tabacchino con sempre meno convinzione, sempre meno con l'andare dei minuti.
Modellando senza requie lenzuola immacolate con aspirazioni al sopore prone e supine, rammento le teorie sul clima che influenza l'individuo, perché non riesco a finire GB84 e l'unica giustificazione che trovo a questa distrazione stagionale dal mio solitario amore per David Peace è la quantità media delle precipitazioni annuali dello Yorkshire. Oppure perché ritorno a me che un giorno scrivo in una stanza ventilata, mi chiedo come possa avvenire qualcosa di male sotto un sole tanto benevolo che inghiotte le ombre, e un giorno scrivo in una stanza in cui l'aria incombe senza discrezione e così il dolore, e il male, che al sole non si nascondono, come niente sulla terra: sì insomma, come quelli che scrivono poesie sulla pioggia dopo un acquazzone.

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giovedì, luglio 06, 2006

Non accedevo alla casella di Gmail da secoli, e la cosa più interessante che ho trovato (a parte dello spam d'annata) è stata la funny quote of the day: La vita non imita l'arte: imita la cattiva televisione.
Il guaio è che credo non dipenda nemmeno dal guardarla o meno.

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